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Case minimal – Magic BOX

A Milano un appartamento Anni 30 diventa una scatola aperta, senza porte né pareti. Dove paraventi di specchio e quinte di cemento definiscono lo spazio

L’appartamento ha un nome, anzi un hashtag. Per diventare addicted dell’open space di viale Montenero a Milano basta digitare #fondazionescogna sui social: «Sono molto interconnesso e mi piaceva l’idea di dare un’identità digitale alla mia casa. In realtà prendo in giro la mania tutta milanese delle fondazioni: ormai tutti sembrano averne una. Per non essere da meno di Prada, Trussardi, Pomodoro e tanti altri mi sono ironicamente trasformato in un’istituzione, la Scogna, abbreviazione del mio napoletanissimo cognome Scognamiglio. Del resto qui da me non mancano incontri, eventi e feste: ho dato vita a una sorta di salotto letterario 2.0, luogo di ritrovo per la gente dello spettacolo e della moda», racconta “Mr. X.”, dopo innumerevoli traslochi e soluzioni in affitto ha deciso di mettere radici all’ultimo piano di un palazzo in travertino dall’eleganza Anni 30. «Sembra un cliché ma è stato amore a prima vista. Mi sono innamorato del terrazzo incastonato in questa straordinaria architettura. Un angolo molto poco meneghino, che ricorda la mia città natale, Torre del Greco. O alcuni scorci tipicamente romani e napoletani. Discorso diverso per gli interni: volevo che tutto fosse aperto, come nel set di uno studio televisivo, dove in questo caso, per le stanze, cita i grandi maestri: omaggia Le Corbusier con l’ultramaterico calcestruzzo faccia a vista, l’uso dell’ottone, a terra sceglie un seminato di terrazzo alla veneziana in linea con l’epoca dello stabile. Poi lascia il Novecento e tra invenzioni architettoniche e dettagli creativi dà vita a un ambiente eccentrico, a prima vista minimale in realtà decorativo. L’ornamento non è fine a se stesso: il setto di cemento, i séparé specchianti e la boiserie di teak sostituiscono muri, mimetizzano porte e armadi, integrano le mensole, i mobili, l’angolo home office. E fanno persino da cornice a un capitello romano. Il designer, lo stesso per i rivestimenti, ha disegnato anche la maggior parte degli arredi, ma non mancano i classici del design: Saarinen, Fronzoni, Magistretti, Castiglioni e i più recenti lavori di Lissoni, Citterio, Anastassiades, Dixon, Delcourt: «Visto il mio mestiere volevo stupire con effetti speciali: la vanità è decisamente il mio peccato preferito».