
Intervista all’artista Antonio Capaccio
Best Entertainment Intervista Antonio Capaccio
Abbiamo fatto un’Intervista all’Artista Antonio Capaccio, che negli anni 80 è stato l’iniziatore e teorico della tendenza di rinascita di arte astratta della ‘Astrazione povera’. Capaccio è stato il curatore della mostra ‘Il sogno verde’ che si è svolta presso il Polo Museale Astral a Roma (Ostiense/Piramide) il 26 e 27 maggio. Scopriamo con gli occhi e la mente del curatore le ragioni e le motivazioni dell’iniziativa.
Innanzitutto, perché una mostra di installazioni nella natura?
Credo che l’arte possa contribuire a ristabilire un dialogo più diretto e genuino con l’orizzonte naturale che ci circonda. Fondamentalmente, l’attitudine alla creatività e all’arte è un fenomeno tanto complesso quanto naturale.
Così come non serve essere esperti di botanica per apprezzare la qualità di una natura rigogliosa, vitale o non corrotta, ugualmente ci si può avvicinare alle forme anche più elaborate del creare, sorretti soltanto dalla propria sensibilità, senza timore di essere respinti.
Chi sono gli artisti che hanno partecipato a questo progetto?
Oltre a me, Ennio Alfani, Vittorio Giusepponi e Tommaso Massimi, tre autori di straordinaria originalità ma soprattutto capaci di abbracciare con entusiasmo la sfida di questa mostra.
Ci sono alcune mostre, come questa, che vanno vissute accettando il rischio di andare a cercare fra cose diverse e sconosciute, ponendo nuove domande, interrogazioni, come non tutti gli artisti sono in grado di fare.
Che reazione ti aspetti del pubblico per le tue mostre?
Il pubblico delle mostre oggi è spesso quasi annichilito, sovrastato, passivo. Si parla tanto di condivisione, partecipazione, ma poi ti arriva qualcosa di preconfezionato, precotto, accompagnato da istruzioni per l’uso, spiegoni, ridondanti promozioni pubblicitarie. Tuttavia io credo che il ruolo del fruitore sia un altro: creativo, attivo, ma sul piano della sensibilità, della capacità di immaginare, di inventare. Un’iniziativa come questa aiuta il pubblico a essere protagonista, nelle forme dell’empatia e del libero pensiero.
Perché ‘Il sogno verde‘? Come nasce questo titolo?
Forse certe aspettative che ci facciamo sulla natura sono illusorie, idee sognate. Forse, come scriveva il grande poeta Rainer Maria Rilke, dovremmo guardare alla natura come a «qualche cosa di lontano e di estraneo, di remoto e di astratto, che trova in sé la sua compiutezza», «la natura ama nascondersi» diceva Eraclito. Non ha bisogno di noi. Oppure occorre vedere tutto ciò da una prospettiva differente: «sono nel sogno verde di un vegetale» cantavano I Giganti nel 1972.
In una autointervista del 1974 il pianista Glenn Gould chiede a Glenn Gould cosa avrebbe voluto fare di diverso invece che il musicista, «il carcerato… a patto di essere del tutto innocente, beninteso», perché la prigionia «sarebbe un banco di prova ideale per la nostra mobilità interiore e per le energie che potrebbero consentirci di evadere in maniera creativa dalla condizione umana». E tu, Antonio, cosa avresti voluto fare di altro invece che il pittore?
Forse il nomade raccoglitore, nutrendomi di bacche e radici, come i nostri progenitori, quando ancora si viveva in stabile armonia con l’ambiente naturale. Beninteso, avendo ogni tanto la possibilità di un riparo in una grotta sicura, dove magari abbozzare sulla parete qualche figura di animale.
Antonio Capaccio
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